Maccagno con Pino e Veddasca - Martedì, 23 Dicembre 2025

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Il ritrattista d'Italia: ACHILLE BELTRAME e le copertine della Domenica del Corriere

Il ritrattista d'Italia:
ACHILLE BELTRAME
e le copertine della Domenica del Corriere
Civico museo Parisi Valle
Opening sabato 5 aprile 2025, ore 17.00
Fino al 29 giugno 2025


Achille Beltrame (1871-1945) è, forse, l'uomo che più è entrato nelle case degli italiani prima della televisione, alimentandone la fantasia grazie all'illustrazione di mondi lontani, dei fatti della grande storia, dell'eroismo quotidiano e di quello in guerra, degli usi e costumi di quasi tutti i popoli della terra, di gioie e tragedie improvvise, di glamour, traguardi sportivi e mondanità.
Questo grazie all’indefesso impegno nell'illustrazione delle copertine e delle principali notizie per la Domenica del Corriere, il più diffuso settimanale italiano del Corriere della Sera, dal primo numero uscito l’8 gennaio 1899 al 1944. Ogni settimana, Beltrame si dedicò a immaginare i fatti di cronaca, costume e società scelti dalla redazione per un totale di 4662 immagini che coprono un arco temporale durante il quale lo sviluppo della storia subì un'accelerazione come mai era accaduto all'umanità. A Beltrame toccò in sorte, dunque, disegnare per il grande pubblico i fatti piccoli e grandi che accaddero dalla fine dell'illusione della belle époque agli ultimi istanti, quasi, della Seconda Guerra Mondiale.
L'ultima sua illustrazione risale al 26 novembre 1944, i bombardamenti a tappeto degli Alleati sulle città d’Italia; non prima di aver lasciato il testimone alla redazione della Domenica del Corriere a un altro gigante dell'illustrazione italiana, suo allievo e collaboratore: Walter Molino (1915-1997).

Una tale facilità comunicativa aveva un retroterra radicato nella tradizione. Achille Beltrame fu, infatti, prima di tutto, un pittore. Nato ad Arzignano, in provincia di Vicenza, erede di quella particolare capacità tecnica, coloristica e luministica che caratterizzava la grande scuola veneta, si trasferì a Milano per seguire i corsi di pittura all'accademia di Brera con Francesco Hayez (1791-1882) e Giuseppe Bertini (1825-1898).
Fu pittore per una vita intera e fu anche abile frescante, come fu grafico e illustratore fino all'ultimo giorno anche per la Lettura, per spartiti musicali, cartoline e manifesti, pubblicità.

Questa mostra è dedicata proprio alla riscoperta di Achille Beltrame pittore grazie a un prezioso nucleo di dipinti e disegni che documentano quella felicità espressiva e quella capacità di stabilire una comunicazione immediata con il pubblico che fu uno dei punti di forza di una carriera prolifica e poliedrica.
Una carrellata di ritratti, bozzetti di rara efficacia, olii e acquarelli inediti o non più esposti da decenni, a partire da una dei primi lavori, Idillio romano, del 1891. Un'opera dalla stesura perfetta e impeccabile, sintesi della lezione sul mito appresa in accademia da Hayez e Bertini.

I ritratti a pastello o a olio introducono invece a una dimensione intima dell'opera di Beltrame, lontano dai clamori della grande storia. Si tratta di ritratti prevalentemente femminili, anticipati dall'unico autoritratto esistente, un pastello del 1895. Sono lavori ricchi di introspezione dove i personaggi appaiono quasi schivi nello sguardo; ma sono opere in grado di restituire al meglio l'essenza dell'uomo, prima che dell'artista.
Personalità mite e riservata, eppure protagonista di primo piano della sua epoca, Achille Beltrame regala infatti una moltitudine di fantastiche immagini che scorrono davanti agli occhi dei visitatori di questa mostra grazie anche a un'accurata selezione delle copertine della Domenica del Corriere; ma, al contempo, lascia poche ma essenziali parole. Le appuntò su un diario privato e sono quanto mai di monito nella nostra contemporaneità per non perdere mai di vista rispetto e umanità:

«ho assassinato sulla carta centinaia di persone, saccheggiato città, distrutto regioni intere, io che sono l'uomo meno sanguinario, più pacifico del mondo».

Le opere e i numeri della Domenica del Corriere in mostra provengono da raccolte private, a riprova della capillare diffusione nel collezionismo privato dell'opera di Achille Beltrame. Il più importante nucleo di lavori si conserva in esposizione permanente nel comune di Arzignano (VI).

Organizzazione e coordinamento:
Civico Museo “Parisi Valle”

Mostra a cura di:
Federico Crimi

Con il sostegno di:
Comune di Maccagno con Pino e Veddasca (VA)
Pro loco Maccagno (VA)

Si ringrazia:
Quadreria dell’800, Milano

Con il contributo di Regione Lombardia
Logo Regione Lombardia


ACHILLE BELTRAME
BIOGRAFIA

Achille Beltrame (Arzignano, 19 marzo 1871 – Milano, 19 febbraio 1945) è stato un illustratore e pittore italiano.

Figlio di Giambattista Beltrame, artigiano della concia, e di Teresa Brusarosco, era settimo di otto fratelli ai quali la madre, appassionata lettrice di miti e letteratura classica, volle assegnare nomi tratti dalla mitologia greca: oltre Achille, Oreste, Ulisse, Antenore, Pilade, Ettore, Argia e Antigone.

Nutrito della sensibilità umanistica familiare, Achille dimostrò sin da bambino innate doti nel disegno e fu incoraggiato a coltivare la propria inclinazione grazie, soprattutto, all'aiuto del fratello Oreste.

Dal 1883 al 1886 frequentò la Regia Scuola tecnica di Vicenza dove fu congedato con la "Menzione onorevole speciale in disegno".

Nell'autunno del 1886 si trasferì a Milano, ospite del fratello Oreste, farmacista all’ospedale Maggiore. Achille poté così iscriversi all'Accademia di belle arti di Brera con l'intenzione di diventare pittore. Nel 1889/1890 frequentò con successo la Scuola di nudo per poi essere ammesso ai corsi di Giuseppe Bertini nella Scuola speciale di pittura. Nel 1890 vinse il premio Mylius con l'opera Fracta Virtus. Nel 1892 ottenne, infine, il diploma.

In quegli anni, per seguire la famiglia che aveva spostato interessi e residenza a Vicenza, Achille trascorse alcuni periodi nella città veneta. In città conobbe Magno Magni, l'industriale chimico di origini comasche destinato a divenire uno dei principali mecenati del giovane artista.

Nel 1893 tornò a Milano, ancora ospite del fratello Oreste, e proseguì con successo il rapporto di collaborazione con l'Accademia di Brera che gli permise di conseguire titoli onorifici e di affermarsi agli occhi della critica e del pubblico.

Nel 1892 era già stato insignito del titolo di socio onorario della prestigiosa istituzione milanese. Nel 1894 presentò un’opera appositamente studiata per la seconda Triennale di Brera: Canova che modella la Maddalena. Il lavoro gli valse la vittoria del premio Gavazzi. La tela andò perduta nell'affondamento della nave che la trasportava negli Stati Uniti con il suo acquirente americano: in mostra una rara fotografia che ritrae il lavoro disperso.

L'apprezzamento per le sue opere e il raggiungimento di titoli e vittorie consentì infine a Achille Beltrame di essere eletto nel 1895 consigliere della stessa Accademia.

Nel 1896 si recò in Montenegro sperando di ritrarre la principessa Elena di cui era stato annunciato il fidanzamento con Vittorio Emanuele di Savoia. A Cettigne fu però anticipato in questo progetto da un pittore triestino.

Ma lì, in Montenegro, fu scoperto da Eduardo Ximenes, illustratore e cofondatore del settimanale L'Illustrazione Italiana, che lo assunse per il suo giornale e lo introdusse nella carriera di grafico, costellata di impegno e di successi.

Nel 1897 partecipò alla terza Esposizione triennale di Milano con le opere Ego sum flos campi e La fuga di Nerone, dove proseguì quell’ispirazione classica nella forma e nei contenuti appresa all'accademia milanese e documentata, in questa mostra, dal magistrale Praeludium, del 1891, esposto nella Sala 2.

Numerose altre opere a carattere allegorico di Beltrame sono, purtroppo, in parte scomparse: La Scienza (1925), dipinto sul soffitto dello scalone dell'Istituto sieroterapico di Milano, La danza delle Ore (1927), sul soffitto della sede degli stabilimenti Bernocchi a Legnano, L'Aurora o Carro di Febo (1928), dipinto murale nella villa Anita a Stresa, sempre di proprietà Bernocchi, La Scienza e il Genio dominano le forze (1929), altro affresco nella sede della Società elettrica Adamello di Milano.

Sopravvivono, invece, i pur radi lavori nel campo dell'arte sacra. Il ritratto di San Gaetano per la lunetta dell'omonimo oratorio in corso Mazzini ad Arzignano, dipinto da giovanissimo, è forse il primo suo cimento noto. Ben successivo è il San Gerolamo del deserto, ancora esposto nella sacrestia del duomo, dono dell'artista alla sua città natale. Infine, il San Giuseppe con il Bambino, grande pala d'altare realizzata a Milano nel 1914 e donata all'oratorio di San Giuseppe di Arzignano. Altre Madonne furono dipinte su commissione e per devozione privata. Infine, il ricordato Ego sum flos campi, di fatto un soggetto d’ispirazione mariana, fu pubblicato anche dall’Illustrazione Italiana nel dicembre dello stesso anno come quadro di Natale.

Nel 1906 si recò in Tunisia a seguito di Magno Magni, incaricato di eseguire un reportage per una miniera là acquistata dall'industriale: fu l'occasione per studiare dal vivo quei mondi esotici di cui, contemporaneamente, andava riempiendo le pagine della Domenica del Corriere. Nel 1911 collaborò con un nutrito gruppo di artisti (Paolo Sala, Filippo Carcano, Luigi Rossi, Leonardo Bazzaro e altri) alla fondazione a Milano dell'Associazione acquerellisti lombardi; dal 1929 ne fu presidente per qualche mandato.

Fino alla fine degli anni '30 del ’900 la sua carriera fu divisa tra l'impegno per i giornali e la grafica e il tempo dedicato alla pittura, passione coltivata anche durante i periodi di vacanza sui laghi, sulle amate Dolomiti e in Liguria, come testimoniano gli innumerevoli scorci della riviera ligure da lui dipinti: Marina con fanciulla e cane, Riparazione delle reti e La tintura delle reti, potente acquerello con cui partecipò nel 1924 alla XIV Biennale di Venezia.

Nel 1937 si trasferì per un breve periodo a Bergamo per seguire le cure della moglie Giovanna Cocitto (Udine, 1868), detta Giannina, frequentata sin dai primi anni a Milano e forse conosciuta nei corsi all’Accademia di Brera. I due si erano sposati nel 1907.

Nonostante le cure, Giannina morì nel 1938. La scomparsa della moglie segnò l'inizio di percorso doloroso, causato anche dalla guerra e dalla distruzione del suo atelier in contrada Garibaldi a Milano a seguito di un bombardamento.

Nel 1941, grazie all'interessamento di Pompeo Ranzani, fu allestita la sua prima mostra antologica nelle sale della galleria d'arte che Ranzani aveva aperto con successo in via Brera a Milano.

Il 20 dicembre 1942 abbandonò il capoluogo lombardo per rifugiarsi a Bressana Bottarone, nella campagna a sud di Pavia. Fu una scelta obbligata per i bombardamenti che imperversavano in città; ma furono anni di rimpianto: «quale dolore - ricordò - quanta tristezza alla mia età non avere più l'ambiente che mi ero creato con tanta passione!».

L’atelier milanese, così centrale nella carriera e negli affetti dell'artista, rivive in questa mostra grazie al fortunato recupero dei mobili originali e delle foto d'epoca.

Per la scelta del rifugio in campagna, lontano dai ricordi milanesi, Achille fu aiutato da Clara Fedetto (1912-2011), la sua ultima modella, la sua ultima musa che, in questa mostra, è rappresentata dall'iconico ritratto che Beltrame le dedicò in questi anni di amicizia e di affetto: Maliarda (1935-39).

Nel 1944, nonostante il costante impegno dimostrato in tutti i campi durante la sua carriera, gli viene negata la nomina di "Accademico d'Italia" per non essere iscritto al partito fascista.

Il 7 febbraio 1945, durante una passeggiata, fu colto da malore. Achille Beltrame morì a Milano il 19 febbraio 1945 nella casa del nipote.


SALA 1
ACHILLE BELTRAME:
SINFONIA D'AFFETTI

I dipinti, gli acquerelli e i bozzetti riuniti in questa mostra nelle sale 1 e 2 offrono un esaustivo quadro dell’eclettica e versatile produzione dell’artista anche grazie all'arco temporale che abbraccia la carriera di Beltrame, dagli esordi agli ultimi anni.

L'itinerario prende le mosse dall’Autoritratto giovanile, un gessetto su cartoncino datato 1895; lo stesso anno e la stessa tecnica per l'ideale pendant, dedicato a Giannina, primo amore e futura moglie.

L'intonazione complessiva dei due ritratti è intima, avvalorata dalla tecnica del gessetto colorato. Nell'autoritratto l'artista rinuncia persino all'esibizione ostentata degli strumenti del mestiere (pennelli, tavolozza), affidando al copricapo, probabile omaggio a Raffaello, e al solo linguaggio della pittura il compito di trasmettere informazioni biografiche e introspettive: Beltrame si rappresenta a mezzo busto impostato di due terzi e con un’espressione pensosa “di meditazioni velate d'ombra e di tenerezza” (Luigina Bortolatto). Ciononostante riesce a stabilire un colloquio intenso e misterioso con il pubblico grazie alla torsione del volto, completamente rivolto a chi guarda.

La coppia di pastelli documenta i primi riferimenti del giovane pittore: alla tradizione della pittura lombarda, caratterizzata dal senso del colore e dallo sfumato, filtrata dalle intuizioni di Giuseppe Carnovali, detto il Piccio, e di Daniele Ranzoni.

Decenni dopo, attorno al 1921, i lavori a olio dedicati all'amata nipote Elena, figlia della sorella Antigone, non mutano d’accento: Elena al chiaro di luna (1921) e Elena sul divano (1921 ca.).

Nel lavoro più piccolo, Elena è distesa su un sofà, tra coperte e tendaggi. Nel ritratto a mezzo busto, la nipote è ritratta con un'illuminazione dall'alto che ricade sulla testa, ma non riesce a rischiarare il volto che rimane in ombra. L'intero quadro è così costruito sui toni freddi e sui riflessi metallici che la luce quasi lunare genera sui capelli, sui vestiti e sul prezioso corpetto ricamato. Il notevole effetto di atmosfera notturna che ne deriva ha meritato all'opera il titolo di Elena al chiaro di luna e un posto di primo piano nella ritrattista di Achille Beltrame.

È un privilegio per questa mostra poter proporre, grazie alla disponibilità dei collezionisti privati, alcuni inediti. Il principale è l’olio su tela con Volto di modella perché opera che mai è transitata sul mercato. Il dipinto non è datato, ma sentimento e impostazione sono quelli di Elena al chiaro di luna: un ritratto dai toni lunari, con il viso di profilo, la testa reclinata e lo sguardo che sfugge allo spettatore. L'olio è singolarmente impostato sul quadrato (50 x 50 cm ca) ed è databile attorno al 1920-25 per il gusto ormai quasi Déco di abbigliamento e capigliatura.

Contrastano con questi toni pudici e discreti le quattro eccellenti prove di nudo femminile riunite in mostra. Si tratta di una matita e cartoncino (Nudo femminile, 1910-15, inedito) e due acquerelli: Donnina, noto anche come Nudo orientale (1915-21) e La donna del fuoco (1915-20, inedito). Si affiancano a uno studio di Nudo di schiena a sanguigna, probabilmente il disegno più antico del gruppo (1890-1900, inedito).

In questi disegni Beltrame dimostra un'esplorazione del corpo femminile giostrandosi con piena consapevolezza sino ai limiti dell'eros. La carica erotica non sfuggì ai contemporanei; Donnina, ad esempio, fu dipinta nell'ambito di studi per cartoline pubblicitarie di una ditta di saponi napoletana, ma il soggetto fu respinto dall'editore.

In ogni caso, contemplando la serie si può capire perché il giovane pittore si fosse distinto sin dai tempi dell'accademia nell'esercizio del nudo.

L'itinerario si chiude con un ritorno all'intimità degli affetti. Persa la famiglia e senza figli, gli ultimi anni di vita devono sprazzi di serenità alla modella Clara Fedetto, pavese e modella anche per un nutrito gruppo di artisti. Maliarda, eccezionalmente in mostra (1935-39, acquerello su carta), merita di essere una delle opere più celebrate e famose di Achille Beltrame. Esposto una prima volta nel 1946, per la prima retrospettiva dedicata a Beltrame a un anno dalla morte (presso la Galleria Italiana d’Arte di Milano), Maliarda presenta lo stesso gioco di luci cadenti dall'alto di Elena al chiaro di luna, ma questa volta utilizzate per comporre un ritratto altero e allo stesso tempo magnetico e, per l'appunto, ammaliante.

Nella sala campeggia la ricostruzione dello studio dell'artista, ininterrottamente occupato da Beltrame in via Garibaldi dai primi anni a Milano al bombardamento del 1943. L’ambientazione si giova dei pezzi originali sopravvissuti. Le due sedie di noce intagliato di gusto neo-rinascimentale, in primo piano anche negli scatti fotografici, risalgono al 1886 e sono forse di manifattura veneta. Presentano le iniziali A.B. incise sullo schienale. Il tappeto circolare è forse magrebino e risale ai pochi viaggi del pittore fuori dai confini dell'Italia. Sul cavalletto, infine, il quadro che, secondo ricordi familiari, Achille teneva sempre accanto a sé: il “ritratto” del cagnolino Fossy (1912, olio su tavola, inedito).

L'angolo si chiude con la copertina della Domenica del Corriere che il discepolo Walter Molino dedicò nel 1960 al maestro: non a caso rievocato nel suo atelier, tra affetti, opere e studi di mondi lontani.


SALA 2
IL VOLTO PUBBLICO
DI ACHILLE BELTRAME

La seconda sala conduce il visitatore nel volto pubblico della pittura di Achille Beltrame per verificare l'eccezionale tecnica esecutiva che contraddistinse fino all'ultimo la mano dell'artista, felice come poche altre nell'olio e nell'acquerello.

Due pezzi sono esposti per la prima volta in questa occasione: Il Verziere di Milano e Oh Issa. Il grande Praeludium compare una seconda volta in pubblico dopo l'antologica dedicata al 150° della nascita allestita ad Arzignano nel 1996.

Praeludium, noto anche come Idillio romano (1891, olio su tela) occupa il centro della sala. Il lavoro fu creato durante gli studi all'accademia e presentato alla prima esposizione triennale di Milano. Il soggetto prescelto si inquadra nel diffuso interesse per l'antico in cui furono coinvolti tutti i settori artistici e artigianali alla fine del XIX sec. Beltrame dimostra però di muoversi con un certo impaccio nei confronti della filologia storica. A un soggetto tratto dalla mitologia predilige una scena di genere, due amanti intenti a corteggiarsi. Inoltre, per il fondale architettonico si ispira ai gessi presenti in accademia e riproducenti fregi del Partenone e di altri templi greci, ma con un assemblaggio arbitrario. Il giovane, infatti, tentava già da quest'opera di trovare una sua strada, quella di una pittura privata, lirica e intimista. Non a caso i modelli scelti per i due amanti sono esponenti della famiglia: Antigone, la sorella minore, e l'allora suo fidanzato, Attilio.

L'impaginazione complessiva è di grandissima efficacia e la prova è tecnicamente elevata per la lucentezza dei marmi e la restituzione dei differenti materiali preziosi degli oggetti artigianali di legno, ferro e terracotta e non sfigurerebbe al fianco delle più grandi e celebrate scenografie umbertine dell'epoca, sospese tra contemporaneità e antico, di Vittorio Matteo Corcos o di Francesco Paolo Michetti.

Il Verziere (olio su tavola) è un'opera rara. Beltrame, infatti, dedicò a Milano come grafico una nutrita serie di immagini a stampa, a partire dalle numerose illustrazioni comparse sulla Domenica del Corriere. Memorabile è la cartolina per l'inaugurazione del Traforo ferroviario del Sempione prodotta per l'esposizione universale tenutasi in città nel 1906. Al contrario, le prove in pittura ambientate nel capoluogo lombardo si contano a poche decine. Quelle finora note sono conservate al Museo di Milano: sedici tra olii e dipinti commissionati da Luigi Beretta. In questo gruppo spicca Verziere, un olio su tavola del 1915 ca. che, seppure un poco più grande, costituisce un riferimento per la datazione dell'opera qui in mostra.

Lo sguardo del visitatore è non meno attratto dal gruppo di marinai che tirano in secca un gozzo sulla riva nell'opera intitolata Oh! Issa… (1936). Qui l’autore raggiunge davvero i vertici sia del virtuosismo nella tecnica dell'acquerello, sia quelli di una rara capacità narrativa per la rappresentazione della dinamica della scena e dello sforzo degli uomini attorno alla cima di traino. Erano le due qualità a lui riconosciute da tutti e che gli permisero di primeggiare sulla fotografia nell'illustrazioni per la Domenica del Corriere.

Soldati sulla neve (1916-17) è un acquerello di uguale levatura che va ricondotto alle innumerevoli scene di campi di battaglia, trincee e guerre che l'artista fu chiamato a illustrare per la stampa. Più che le versioni stampate, il disegno rende onore alla maestria di Achille Beltrame nel raffigurare con l'acquerello la neve, le cime rocciose e le profondità abissali della montagna.


GALLERIA
BELTRAME ILLUSTRATORE PER
LA DOMENICA DEL CORRIERE

Come anticipato nella biografia, la carriera di Beltrame come illustratore nasce dal fortuito incontro in Montenegro con Eduardo Ximenes nel 1896. Colpito dalla mano del giovane vicentino nel ritrarre i costumi degli abitanti del luogo, Ximenes lo chiamò a illustrare alcune copertine dell’Illustrazione Italiana, allora il principale rotocalco illustrato d'Italia. Il sodalizio con la testata durò fino al 1898.

L'anno seguente Beltrame iniziò la collaborazione di una vita: con la Domenica del Corriere. Il nuovo foglio fu voluto da Luigi Albertini, allora direttore amministrativo del Corriere della Sera, e apparve per la prima volta l'8 gennaio 1899 come supplemento illustrato del Corriere della Sera. Stampato in grande formato, aveva dodici pagine e veniva distribuito gratis agli abbonati del Corriere, oppure si poteva acquistare in edicola per 10 centesimi.

Il rotocalco non fu concepito come periodico di informazione, ma come “settimanale degli italiani” destinato a scandire, come un calendario, le giornate liete, le tragedie, i fatti piccoli e grandi.

Punto di forza del giornale erano le due illustrazioni per numero, affidate dagli esordi a Achille Beltrame, una sulla copertina, l'altra in chiusura.

La varietà degli argomenti affidati a Beltrame dal direttore Eligio Possenti fu sconfinata e solo in parte riassumibile nella selezione offerta in questa mostra grazie alla disponibilità di collezionisti privati.

Le 4662 immagini inventate di sana pianta da Beltrame e ambientate in ogni angolo del mondo richiedevano non solo uno sforzo d’immaginazione, ma anche, quasi, fisico.

Achille aveva i suoi stratagemmi per affrontare i tempi strettissimi dettati dalla redazione: ingurgitare due uova al burro come colazione prima di sedersi al tavolo di lavoro. Lo sappiamo dalla ricostruzione davvero gustosa di Dino Buzzati, il primo tra gli ammiratori di Beltrame, che così lo ricordò nel 1967:

«Beltrame compariva in redazione ogni lunedì mattina per avere il soggetto della prima tavola. [...] Dopo l’incontro col direttore della Domenica, egli si affrettava al suo appartamento in corso Garibaldi, trangugiava due uova al burro (...) quindi sprangava la porta (...) e sedeva a una scrivania chiusa da tendaggi e illuminata da una lampada anche in pieno giorno. (...) Le fotografie documentarie, ambienti, strade, palazzi, volti, erano a portata di mano. Si metteva al lavoro, adoperando matita e, quindi, inchiostro di china più o meno diluito. Beltrame lasciava lo studio del direttore verso le dodici e mezza, alle sette del pomeriggio era già di ritorno con sotto braccio la tavola pronta avvolta in un giornale. E con una trepidazione mai venuta meno in tanti anni la faceva vedere al direttore. Allora il direttore: “Non c’è male, non c’è male, bravo Beltrame. Lei promette bene. Vuol dire che le daremo da fare le tavole anche per il prossimo numero”. E il disegnatore rideva felice».

Si calcola che la Domenica del Corriere abbia raggiunto tirature in centinaia di migliaia di copie. Dopo Beltrame si alternarono alla grafica ben 350 disegnatori, oltre al ricordato Walter Molino. Il foglio giunse quasi ai cento anni, sino al 1989, e sotto direzioni illustri: Indro Montanelli e Maurizio Costanzo.

Quanto a “Beltrame illustratore", ebbe persino il tempo di dedicarsi a un’infinita gamma di lavori: centinaia di cartoline, per la precisione circa 200 a soggetto diverso; manifesti e pubblicità per le ramificate industrie dell'amico e protettore Magno Magni; cartellonista per le Officine Grafiche Ricordi, tra manifesti pubblicitari e spartiti musicali; ancora per il Corriere della sera, con le copertine per l'inserto culturale de La lettura, dal 1912 al 1919.

Molti di noi, dunque, abbiamo forse in casa “un Beltrame” senza saperlo: in un cassetto dell'armadio, tra gli spartiti musicali, tra i ritagli di un giornale o nei ricordi di famiglia.

On line:

Alberto Lorenzi, Achille Beltrame, voce in Dizionario Biografico degli Italiani (1966);

Achille Beltrame, voce in Wikipedia.

Fonti:

Annalisa Cera, Biografia e Scheda delle opere, in Achille Beltrame. La sapienza del comunicare. Illustrare con la pittura, Electa, Milano 1996 (catalogo della mostra).

L’Agordino di Achille Beltrame, a cura di Luigina Bertolatto, Michele Cau e Bepi Pellegrinon, Comunità montana Agordina, Cornuda 1998 (catalogo della mostra).



Itinerario della mostra


Itinerario stampabile


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Aperture Festività

26 dicembre 15/18.30
27 dicembre 14.30/18.30
28 dicembre 10/12 e 14.30/18.30
29 dicembre 10/12 e 14.30/18.30
1° gennaio 15/18.30
2 gennaio 14.30/18.30
3 gennaio 10/12 e 14.30/18.30
4 gennaio 10/12 e 14.30/18.30
6 gennaio 15/18.30

 

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